Care mie, ho appena finito di leggere un libro alquanto particolare.
Si intitola "LA solitudine delle madri", l'autrice è Marilde Trincherio. Per maggiori informazioni http://www.magiedizioni.com/magiedizioni/La_solitudine_delle_madri.html
La cosa che mi ha convinto ad acquistarlo è stata la quarta di copertina, che qui vi riporto.
Passano le settimane, i mesi. In alcuni casi la donna ha una bella rete di protezione familiare intorno. Un lavoro che la può attendere senza troppe pressioni, e lei può decidere con serenità se rientrare o prolungare l’assenza fino a che un asilo nido o una nonna o una tata la possano egregiamente sostituire. Il compagno non solo la sostiene nelle sue decisioni, ma ha
già anche ordinato l’ultimo modello di macchina station wagon (quella su cui sale anche il cane che non perde un pelo) che
pagherà in contanti. Lei ogni tanto lascia volentieri il bambino a qualcuno che se ne occupa altrettanto volentieri ed esce con
le amiche: un abito nuovo, un film, una mostra, una passeggiata nel verde.
Fantascienza.
Capirete che non sono di quelle che si adattano facilmente a manuali di self-help, vista anche la mia particolare e personalissima condizione di mamma di un bimbo Down, alle prese con la burocrazia più becera da un lato e le difficoltà del SSN dall'altro. Ma ho creduto che questo testo potesse strapparmi una risata mediante la dissacrazione di tutti gli stereotipi femminili legati alla maternità , in un momento storico in cui, come sapete, non rido affatto, anzi.
Ed infatti così è stato. Ma nel leggere le (poche) pagine mi ha colpito un fondo di amarezza, la stessa che caratterizza ancora le mie giornate. Mi aspettavo satira, anche feroce, ed invece ho trovato molta introspezione, segno di unpercorso intimo durato fatica, e non completamente espresso nel libro.
Infatti l'esperienza della Trincherio è la sua esperienza di madre normale costretta ad arrabattarsi fra normali difficoltà , che legge nel normale e quotidiano contesto sociale (non si parla di situazioni patologiche, nè di problematiche sociali che richiederebbero la presenza di strutture particolari) la prassi dell'essere madre, tutto il bello, ma anche tutto il brutto, tutti i condizionamenti, tutte quelle storture, tutti i non-detti e non-fatti che, a quanto pare, chiunque, o perlomeno la maggior parte delle donne, passa.
Cosa mi lascia questo testo?
Da un lato una sorta di tranquillità , perchè rendermi conto che c'è almeno un'altra donna nel mondo che si è trovata a pensare quello che penso io mi fa credere non solo che i miei giorni "no" non siano dovuti esclusivamente alla particolarità di Fab, ma li avrei passati in ogni caso. Dall'altro lato il senso di incompiuto, come se fossi dinanzi ad una confessioen parziale , ad una disamina sociale parziale... forse perchè lo scopo del libro è proprio quello di indurre tutte le donne che leggono a terminare e colmare i vuoti con la propria esperienza, a riflettere su cosa sentono davvero e cosa è imposto che sentano.