Tempo fa avevo partecipato ad un corso di una pedagogista e visto che ci sono cose molto interessanti vi posto la dispensa che ci ha consegnato.
Sporco e pulito.
L’educazione al vasino e… molto altro
Le prime vere imposizioni che riceve il bambino iniziano proprio qui: e non sono così ovvie e banali come sembrano.
Fino a qualche generazione fa, erano problemi che i genitori non si ponevano. Come per l’allattamento ci si limitava a seguire regole rigide; e si metteva il bambino sul vasino il più presto possibile.
“attento a non sporcarti!”
Prima di diventare un divieto, lo sporco per il bambino è un piacere: qualcosa che si dimentica completamente da adulti, tanto forte è stata la proibizione imposta dall’educazione familiare e più in generale dalla nostra stessa cultura. Lo stesso ribrezzo per gli escrementi, che sembra un istinto così forte, non è affatto innato: è qualcosa che si impara a poco a poco, verso i due anni, quando lo sporco esercita un’irresistibile attrazione sul bambino.
Oggi le cose sono cambiate: si è più attenti alla spontaneità degli impulsi infantili che non si riflettono solo sulla sua salute, ma anche sui comportamenti e sul suo stesso carattere.
A quest’età giocare, sporcarsi, sporcarsi e giocare per lui sono la stessa cosa: entra così in contatto con gli elementi della natura , la terra, la sabbia, le pozzanghere… Li manipola, li trasforma, si imbratta, ci sguazza. E se lo si lasciasse fare giocherebbe anche con i prodotti del suo corpo, le feci: “no, non si fa!” Il divieto scatta immediato non appena si nota questo strano impulso del bambino.
Come capire qual è il momento giusto per cominciare a usare il vasino?
- In passato si iniziava molto presto, verso i 12 mesi; oggi si tende a rinviarne l’inizio fra i 18 mesi e i due anni (rispettando i ritmi spontanei della sua maturazione fisiologica), quando il bambino è in grado di controllare gli sfinteri.
Cosa sono le feci per il bambino?
- Nella loro “plasticità ” le feci rappresentano la prova tangibile della creatività del suo corpo.
- Proprio per questo, la fase “anale” dello sviluppo infantile, che coincide non solo con l’educazione sfinterica, ma con le intense sensazioni di piacere, di soddisfazione e infine di orgoglio nel “produrre”, da anche un forte impulso alla creatività del bambino. E’ la fase in cui la sua mente pullula di idee e progetti che aspettano solo di poter essere concretizzati.
- Ecco perché il bambino è molto interessato a tutto ciò che può manipolare e trasformare in modo creativo: sabbia, acqua, terra, ecc.
• Succede così che se il bambino si scarica al momento e nel luogo più opportuni, viene lodato e gli si fa festa. Mentre se si comporta allo stesso modo in altre situazioni, viene sgridato e magari picchiato.
• Lo stesso oggetto appare buono e cattivo contemporaneamente.
• Il piccolo non riesce più a capire cosa si voglia da lui. Questo può interferire con il ritmo spontaneo, fisiologico dell’impulso sfinterico, alterandone la regolarità .
Come mai il bambino non prova repulsione a giocare con le proprie feci?
- Freud diceva che il ribrezzo è una delle barriere più forti che l’adulto pone alla sessualità infantile, a questa età così confusa, dilagante, da indurre il bambino ad usare eroticamente, come fonte di piacere, tutte le parti del corpo e ciò che produce, senza alcuna inibizione.
- Bisogna però evitare di imporre questa prima barriera in modo troppo rigido, ossessivo: altrimenti può riflettersi sui comportamenti e sul carattere del bambino provocando fobie e fissazioni.
L’impulso a trattenere
- Quanto più si esaspera il controllo sfinterico e la richiesta delle feci come “dono” da un lato, e dall’altro il senso di repulsione e divieto, tanto più si accentua nel bambino il disorientamento e l’impulso a trattenere.
- Nell’educazione al controllo sfinterico ci vuole quindi molto tatto, molta dolcezza e sensibilità , in modo da intuire il ritmo fisiologico del bambino e metterlo sul vasino quando prova lo stimolo, senza anticipare né posticipare troppo questo momento.
- Occorre molta attenzione e delicatezza anche a trattare le feci, senza dimenticare che il bambino si identifica con la sua produzione corporea, la sente ancora come parte di sé.
Spesso i genitori trasformano la funzione fisiologica del bambino in un rito quotidiano fatto di controlli, esortazioni, preoccupazioni. Che effetto ha questo comportamento sul bambino?
- I messaggi che si trasmettono al bambino su questo argomento sono ambigui e contraddittori: se tocca le feci, ci gioca o le esibisce nei momenti meno opportuni, sono qualcosa di “sporco”, non solo in senso igienico, ma anche morale. Quando invece esortiamo il bambino a produrle, ripetiamo gli stessi riti dell’alimentazione: “Su, da bravo, fa contenta la mamma!”. Si controllano i tempi e gli orari. Si incita il bambino, ci si preoccupa che l’abbia “fatta tutta”, si scruta con attenzione il prodotto finale.
- E’ sempre controproducente trasformare la seduta sul vasino in un “braccio di ferro” tra il bambino e la mamma. Spesso la tendenza alle contrapposizioni ostinate ha origine proprio da questi primi conflitti “anali”.
- La reazione più immediata ed evidente è spesso di tipo psicosomatico: è il caso di molte stitichezze “incurabili” dal punto di vista pediatrico che si risolvono facilmente non appena si allenta il clima di tensione che spesso si viene a creare attorno al “rito del vasino”.
C’è il rischio di trasmettere al bambino un senso di repulsione eccessiva per questi naturali prodotti del corpo? Con quali effetti?
- Se la famiglia trasmette al bambino un eccessivo senso di repulsione, di “schifo” per i suoi escrementi, il passo successivo è la tendenza a proiettare fuori di sé questa intollerabile sensazione di “sporco”. Si creano così le prima fobie per qualcosa che appare come ripugnante. E’ il caso di alcuni cibi, animali, e a volte persone, che suscitano nel bambino insieme al disgusto anche una paura incontrollabile e un incomprensibile rifiuto.
L’importanza del pudore
- L’esibizione delle feci e delle parti più intime del corpo viene subita dal bambino come una vera e propria offesa alla sua dignità di persona.
- Le cure che riguardano l’igiene del bambino, richiedono sempre uno spazio appartato, protetto da sguardi estranei, con un’attenzione rivolta esclusivamente al bambino.
Quali sono i tratti del carattere, gli aspetti della personalitĂ su cui maggiormente influisce questa fase dello sviluppo infantile?
- Ci sono molte caratteristiche, positive e negative, che anche nel linguaggio comune vengono definite “anali”. Ostinazione e puntiglio, ma anche determinazione e capacità di porsi un obiettivo e raggiungerlo. Eccessivo attaccamento ai propri oggetti, le proprie cose, ossessività , avarizia, scarsa generosità .
- Molto dipende da come è stato vissuto da piccoli il conflitto tra l’espellere e il trattenere, il donare e il rifiutare, quali significati si sono attribuiti al piacere “anale” e al suo divieto.
- Se il controllo sfinterico viene imposto troppo presto e in modo troppo rigido, si possono accentuare i tratti “anali” più negativi del carattere.
Eppure verso i due anni sembrano così contenti di esibire il sederino o i genitali…
- Nell’esibizione di sé che il bambino fa a questa età c’è tutto l’orgoglio del proprio corpo. E lo esprime realizzando in modo attivo il desiderio di mostrarsi. Invece, essere esibito, esposto agli sguardi degli altri senza che questo esprima un proprio desiderio, e quindi senza “consenso”, rappresenta sempre una violenza.
- L’altra faccia dell’esibizionismo è il pudore, la ritrosia, la paura di mostrarsi. Sentimenti che emergono più forte quando la propria nudità è imposta, non voluta. E’ per questo che l’esibizione passivamente subita provoca vergogna, mentre quella attiva aumenta l’autostima del bambino. E’ quest’ultima che bisognerebbe accogliere senza troppi rimproveri o censure.
E’ quasi sempre la mamma che si occupa dell’educazione al vasino e del controllo delle funzioni intestinali del bambino. E il papà ?
- Nel rapporto con chi si occupa della sua igiene entra in gioco l’accettazione o il rifiuto del bambino stesso. Prima ancora di essere pulito il piccolo ha bisogno di sapere che si ama tutto di lui, anche la cacca e la pipì. E questa accettazione totale è soprattutto alla mamma che la chiede, molto più che al papà . Il piccolo non si attende da lui questo tipo di accettazione affettuosa, che si aspetta invece dalla mamma.
- E’ innegabile che esiste fra madre e figlio un rapporto più viscerale e corporeo che si rilette sul loro tipo di legame affettivo e psicologico connotando in modo diverso le reciproche aspettative. Non solo il piccolo sa di essere un prodotto del suo corpo, proprio come le feci sono un suo prodotto; ma nelle sue prime fantasie sul sesso e sulla nascita associa le feci all’idea di “fare un bambino”.
- Il ribrezzo materno rappresenta quindi un disconoscimento del figlio, molto più forte, più persuasivo di quello paterno. E non è solo un’impressione: spesso è proprio attraverso la manifestazione di una ripugnanza eccessiva per le sue feci che emerge il rifiuto inconscio della madre verso il figlio.
La pipì a letto
- L’enuresi notturna è quasi sempre un disturbo psicosomatico, esprime un malessere interiore del bambino. Di solito si manifesta verso i 3-4 anni, nei periodi più critici e carichi di ansia (inizio dell’asilo, nascita di un fratellino, ecc.). Il bambino scarica le sue ansie, le sue paure, le sue pulsioni aggressive, sporcando il letto.
- L’unica cosa da fare è cercare di sdrammatizzare, e accettare questo disturbo come un fenomeno passeggero. Si tratta quindi di intervenire per cambiarlo con modi delicati, affettuosi, cercando di mitigare la propria irritazione per questo spiacevole inconveniente. E soprattutto senza farlo sentire in colpa e tantomeno punirlo.
- Interventi aggressivi che offendono e umiliano il bambino fanno sì che l’enuresi si trasformi in disturbo cronico, che spesso si protrae fino alla pubertà .
- Non è un danna né una farsa, è solo un piccolo incidente di percorso che deve rimanere molto riservato, anche in famiglia, senza diventare oggetto di conversazione con i parenti o gli amici.
Anche dopo il primo impatto dei due anni lo sporco continua ad essere presente nella vita del bambino, come riflesso dell’idea che ne hanno gli adulti, i genitori. Di solito sono le mamme, molto più dei papà ad avere la mania della pulizia. Perché?
- In genere sono le mamme che si occupano della pulizia della casa subiscono più condizionamenti sociali riguardo alla pulizia. A questi condizionamenti se ne aggiungono altri che hanno radici più profonde. Da sempre la femminilità è stata collegata a qualcosa di sporco che contamina: a partire dalle mestruazioni.
- La donna quindi, molto più dell’uomo, cerca di esorcizzare questa idea di impurità , tramandata da sempre, dandosi un gran da fare a pulire se stessa, la casa, i bambini.
- L’amore per la pulizia è certo una bella cosa. Ma da qui alla sua esasperazione, con tutti i riti ossessivi, le minuziose manie che comporta, il passo purtroppo è breve. Invece di essere un piacere spontaneo diventa un simbolo carico di troppi significati morali sociali. Al punto che si può trasmettere al bambino la fobia dello sporco quasi senza accorgersene.