Da inno a spot di calze: è polemica
Una nuova campagna fa discutere
In Italia anche le calze fanno scandalo. “Sorelle d’Italia”, la nuova pubblicità del marchio Calzedonia, ha scatenato un putiferio di polemiche per aver utilizzato come colonna sonora le parole dell’Inno di Mameli cantato da Sushy, al punto che due consiglieri regionali liguri hanno chiesto all’Authority di prendere provvedimenti. Nello spot “Sorelle d’Italia” una ragazza si sveglia e si mette le calze a bordo letto. Subito dopo un’altra sale in motorino con il ragazzo e la telecamera inquadra i leggins che porta. Poi una donna fa le trecce a una bambina, mentre le calze sono in primo piano e così via. Storie che sanno di femmina.
Qualcuno però non ha gradito: ''Con il canto degli italiani non si gioca. E non si può nemmeno metterlo sotto i piedi'', ha detto il presidente della Provincia di Savona, Angelo Vaccarezza. Romano La Russa, coordinatore provinciale del Pdl a Milano ha preso di mira Calzedonia, augurandosi che sospenda “immediatamente la messa in onda di quella pubblicità infame”. Per non parlare di Gianni Plinio e Alessio Saso, consiglieri regionali a Genova, che hanno preso carta e penna per denunciare all’Autorità Garante per la Concorrenza ed il Mercato il carattere “gravemente irriverente nei confronti dell’inno nazionale” . I due politici del Pdl chiedono di “far modificare uno spot che è obiettivamente di discutibile gusto, inopportuno e gravemente irriverente”.
La campagna è stata prodotta da Saatchi & Saatchi. Fabrizio Caprara, amministratore delegato dell'agenzia, ha spiegato a Tgcom le sue opinioni sulla vicenda.
Avreste mai immaginato che uno spot di calze potesse finire nella scrivania del Garante a causa della colonna sonora?
Ma le pare che io voglia infangare l’Inno e la patria con uno spot per Calzedonia? Non ce lo immaginavamo nemmeno che potesse succedere tutto questo. Credevamo di aver fatto una pubblicità molto positiva e garbata, dedicata a tutte le donne. Se qualcuno si è offeso, mi dispiace, ma volevamo far tutto tranne che provocare o essere irriverenti.
C’è un messaggio particolare dietro a questa campagna?
Sì. Abbiamo fatto questo spot cercando di celebrare la femminilità nel modo più intimo e caldo possibile. Volevamo creare un atmosfera quasi familiare. Abbiamo scelto di evocare sensazioni che accomunano tutte le donne, come l’ottimismo e la fiducia nel futuro. Ci sono vibrazioni care al mondo femminile, come quando si vede a un certo punto la ragazza che guarda al tramonto.
Ma come vi è venuto in mente di usare le parole dell’Inno per una pubblicità ?
Lo spot mica l’ho fatto io. Una coppia di creativi della nostra agenzia, un uomo e una donna, ha avuto questa idea e ce l’ha presentata. Quando l’ho guardato per la prima volta, lo spot mi ha trasmesso una grande emozione e non mi ha mai sfiorato l’idea che potesse risultare offensivo per la patria. Qualche anno fa sempre per Calzedonia avevamo fatto una campagna che finiva con le parole “Speriamo che sia femmina”. Con il nuovo spot volevamo proseguire quel progetto, dando vita ad una serie di complicità affettuose tutte pensate per omaggiare la femminilità . Entrambi gli spot sono piccole storie di emozioni, tutt’altro che aggressive.
Bene. E ora che farete per difendervi dalle critiche che vi stanno piovendo addosso?
Non so ancora come reagiremo. Per il momento posso dire che mi limiterò a spiegare meglio le nostre intenzioni con questa campagna per Calzedonia che, ripeto, sono tutt’altro che offensive.
Che ne pensate di tutta questa storia?io la pubblicità l'ho vista alcune volte, devo dire che non mi piaciuta molto, ma non certo per i motivi sopracitati, così a gusto, sarà che mi fa schifo l'inno nazionale di per se?ma a voi non pare orribile?gli altri stati hanno inni molto belli, il nostro non sa di nulla, parla di cose poi sconosciute ai molti.
Personalmente mi piaceva molto di piĂą quello precedente con la canzone di Billy Joel, quando la vedevo mentre ero incinta di Amanda ci ho fatto pure delle belate....